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GIORNATA INTERNAZIONALE DI SOLIDARIETÀ CON IL POPOLO PALESTINESE

Teleconferenza regionale dei partiti comunisti e operai - Intervento di Dimitris Koutsoumbas

Una teleconferenza regionale dei partiti comunisti e operai del Mediterraneo orientale e meridionale, del Golfo Persico e della regione del Mar Rosso, si è tenuta su iniziativa del KKE, domenica 29 novembre, in occasione della Giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese. Il tema della teleconferenza era: "I Partiti comunisti e operai saldamente a fianco della giusta lotta del popolo palestinese contro la guerra imperialista e lo sfruttamento capitalista".

Oltre al KKE, alla teleconferenza hanno partecipato anche la Tribuna democratica progressista del Bahrain, l'AKEL (Cipro), il Partito Tudeh (Iran), il PC di Israele, il PC giordano, il PC palestinese, il Partito del popolo palestinese, il PC sudanese, il PC siriano, il PC siriano (unificato) e il PC di Turchia.

Il discorso introduttivo alla teleconferenza è stato tenuto dal GS del CC del KKE, Dimitris Koutsoumbas.

Il discorso di Dimitris Koutsoumbas è il seguente:

Compagni,

Desideriamo ringraziarvi per la vostra partecipazione alla teleconferenza di oggi dei partiti comunisti e operai della nostra regione.

Questa teleconferenza si svolge in un inedito contesto di pandemia, il che tuttavia non può in alcun modo offuscare la nostra incrollabile solidarietà con la giusta lotta del popolo palestinese, né la necessità di scambiare opinioni sulla situazione nella nostra regione, che costituisce oltretutto una delle condizioni di base per il coordinamento della nostra lotta comune.

Non possiamo che rilevare come il sostegno concertato e costante a Israele da parte di Stati Uniti e Unione Europea, a spese dei diritti del popolo palestinese e di altri popoli vicini, sia causa di un inasprimento della criminale aggressione dello Stato israeliano ai danni della Palestina e della regione nel suo complesso.

La provocatoria «legittimazione» delle colonie israeliane nella Cisgiordania occupata sancita dal Segretario di Stato USA Mike Pompeo, così come numerose decisioni dell'amministrazione Trump - la più famigerata delle quali è il trasferimento dell'ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme - conferma il ruolo di Israele quale «più forte alleato USA nella regione» e ribadisce il sostegno generale offerto a Israele dalla borghesia degli Stati Uniti.

E a giudicare dai primi segnali, appare certo che la nuova amministrazione della Casa Bianca guidata da Joe Biden si limiterà a prendere il testimone da quella precedente.

Qualunque tattica immaginabile seguirà la stessa direzione.

L'Unione Europea e i suoi governi procedono su una linea analoga, malgrado occasionali manovre e divergenze che servono solo a intorbidire le acque, ma non alterano la linea generale di appoggio all'aggressione israeliana.

La fretta di risolvere la questione palestinese e altri problemi mostrata da USA, NATO e UE rientra nel quadro più generale di intensificazione e inasprimento della competizione tra borghesie e colossi energetici in lotta nel Medio Oriente, nel Nord Africa, nel Golfo Persico e nel Mediterraneo orientale, e ha provocato spargimenti di sangue ai danni dei popoli della regione nel suo insieme - Siria, Libia, Yemen, eccetera.

Oggi, oltre che all'occupazione di territori palestinesi, libanesi e siriani da parte dello Stato di Israele, assistiamo anche all'occupazione di territori siriani da parte di Turchia e Stati Uniti, nonché a interventi militari nella regione da parte di molte altre forze.

Stati Uniti e Unione Europea non si stanno ritirando; non hanno rinunciato, e lavorano costantemente a nuovi piani atti a rafforzare la loro influenza geopolitica nella regione servendosi non soltanto di Israele, ma anche di altri regimi alleati, nel contesto di una lotta di potere contro altre potenti forze rivali.

Nel nostro Paese, il governo di ND, seguendo le orme del precedente governo di SYRIZA, si rifiuta di riconoscere in modo sostanziale e concreto lo Stato palestinese, e prosegue la criminale espansione e intensificazione delle relazioni con Israele, ivi compresa la cooperazione militare - presentata falsamente al nostro popolo come una soluzione per la sicurezza e la pace contro l'aggressione della borghesia della Turchia, alleata della NATO.

La giusta lotta del popolo palestinese può essere rafforzata attraverso il proseguimento incessante della lotta contro gli imperialisti e i piani delle classi borghesi della regione, mediante un rafforzamento della solidarietà e dell'azione internazionalista.

Il KKE esorta i popoli di tutti gli Stati della regione a contrastare e modificare gli attuali rapporti di forza negativi a livello internazionale e a continuare a manifestare in modo ancor più attivo la loro solidarietà a ogni livello con il popolo palestinese, denunciando i crimini quotidiani dell'occupazione israeliana ai danni dei palestinesi.

Questi gli obiettivi:

- Respingere l'«accordo del secolo» tra USA e Israele e la politica di annessione dei territori palestinesi.
- Fine dell'occupazione israeliana e delle sue conseguenze.
- Creazione di un unico Stato palestinese indipendente con Gerusalemme Est come capitale e le frontiere del 1967, affinché il popolo sia padrone della sua terra.
- Diritto per tutti i profughi palestinesi di fare ritorno nelle loro case, ai sensi delle relative risoluzioni ONU.
- Immediato rilascio di tutti i prigionieri palestinesi e degli altri prigionieri politici detenuti nelle carceri israeliane.

Cari compagni,

Siamo di fronte a sviluppi molto pericolosi nel Mediterraneo orientale, in Nord Africa, nel Medio Oriente e nel Golfo Persico.

Questi sviluppi sono dovuti alla politica di Stati Uniti, Unione Europea e NATO, alla loro competizione con la Cina e con la Russia per il controllo dei porti e delle ricchezze naturali da parte dei colossi energetici, e al coinvolgimento delle classi borghesi della regione in cerca di vantaggi geostrategici.

Questi rapporti di forza globali sono influenzati anche dalle conseguenze della pandemia e dalla nuova crisi del capitalismo.

A partire dal 2010, USA, NATO e UE hanno sfruttato le reazioni popolari delle cosiddette «Primavere Arabe» per promuovere il progetto di un «Nuovo Medio Oriente», una risistemazione in linea con gli interessi dei loro monopoli.

Alle questioni incancrenite da decenni nella nostra regione, come la questione palestinese e il problema di Cipro, si sono aggiunte quelle di Siria, Libia e Yemen.

Gli sviluppi internazionali sollevano preoccupazioni nei popoli.

Negli ultimi trent'anni, la nostra regione nel suo insieme è stata scossa da una serie di conflitti imperialisti, mentre il problema dei profughi e il dramma delle popolazioni sradicate rimangono irrisolti.

Nella nostra area geografica dobbiamo convivere con numerosi elementi geostrategici comuni.
Dobbiamo esaminare collettivamente la situazione nella nostra regione.
Pianificare la nostra azione al fianco della giusta lotta del popolo palestinese.
Rafforzare la lotta contro le guerre imperialiste e il sistema di sfruttamento capitalista.
Al tempo stesso, questi sviluppi evidenziano come in questo contesto si stia tentando di giungere a un accordo/soluzione generale nell'intera regione, che reca il marchio di USA, NATO e UE.

Ecco alcuni elementi di questi sviluppi:

Innanzitutto la devastante guerra in Siria, che prosegue ormai da ben nove anni. Le sue cause, che vengono deliberatamente tenute nascoste dalle forze borghesi, vanno ricercate nel feroce conflitto per il controllo delle reti energetiche, dei gangli geopolitici e delle quote di mercato.

Stati Uniti, Turchia, Qatar, Arabia Saudita eccetera sono ricorsi a qualunque mezzo per rovesciare Assad. Hanno creato, finanziato e addestrato i jihadisti per imporre i loro piani.

I rapporti di forza sono mutati nel 2015 con l'intervento militare della Russia, che partecipando alle operazioni militari difende interessi propri e dispone di due basi militari, con potenti forze aeree e navali, a Tartus e Khmeimim.

Oltre che dalla Russia, il governo siriano è appoggiato dal gruppo sciita libanese Hezbollah e dall'Iran.

La situazione nel Paese è drammatica; la guerra è giunta ormai alla fase della spartizione, con il coinvolgimento di tutte le potenze imperialiste e della Turchia, che con quattro invasioni militari e l'occupazione di importanti territori sta direttamente minacciando l'integrità territoriale della Siria.

L'intervento turco in Siria ha obiettivi più generali.

Mira a impedire la creazione di uno Stato curdo sul confine turco-siriano, e al tempo stesso persegue l'obiettivo generale di modificare le frontiere della regione.

Un'altra questione cruciale è rappresentata dalla firma di un accordo-quadro tra Iraq e Cina alla fine del settembre 2019, noto come «Petrolio in cambio della ricostruzione», che ha suscitato forti reazioni da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati in Iraq - mentre pochi mesi dopo, su ordine di Trump, funzionari iracheni e il generale iraniano Qasem Soleimani sono stati assassinati in un attacco con droni. Questi funzionari erano coinvolti sul piano politico e militare in queste trattative che hanno segnato un avvicinamento alla Cina.

Al tempo stesso, un altro aspetto degli sviluppi in questione è il progetto di un accordo di cooperazione strategica sino-iraniana della durata di 25 anni, per un valore di 400 miliardi di dollari, ancora in fase di discussione e di cui si prevede la concretizzazione nel marzo 2021.

Importanti sono anche le dichiarazioni dei funzionari cinesi riguardo alla ricostruzione della Siria, malgrado il veto annunciato dalle forze euro-atlantiche.

Parallelamente, vi è stato un rapido incremento degli investimenti cinesi in grandi progetti infrastrutturali in Grecia e Turchia, nonché in altri Paesi balcanici e medio-orientali - per esempio il Libano, terminale delle rotte terrestri e marittime della nuova «Via della Seta».

Negli ultimi sei anni, la Cina è stata il maggiore partner commerciale e la principale fonte di importazioni in Libano, un Paese che è legato a doppio filo, sul piano politico e militare, agli sviluppi e interventi attualmente in corso in Iran, Siria, Palestina, Iraq e Yemen.

Al momento il Libano è escluso dalle «nuove partnership geopolitiche» create dai progetti interconnessi «EAST MED» e «Deal of the Century».

Il popolo libanese ha vissuto gli strascichi di numerose guerre e le riforme capitaliste, e segue con preoccupazione la diplomazia dei rappresentanti dei colossi energetici impazienti di saccheggiare le ricchezze del suo Paese, mentre la borghesia tenta di rafforzare il ruolo del Libano quale punto di transito per la regione nel suo complesso, e di assicurarsi una fetta della torta nella ricostruzione della Siria.

Al tempo stesso, non dobbiamo perdere di vista la particolare importanza strategica del Golfo Persico.

In quella regione sono presenti risorse estremamente redditizie e vengono distribuite enormi quantità di petrolio.

Non dobbiamo dimenticare che la regione è stata teatro di una guerra tra Iran e Iraq nel 1980-1988, e che nel 1990 l'Iraq invase il Kuwait...

A ciò seguì la guerra degli USA contro l'Iraq, con l'operazione «Desert Storm» nel 1991...

Venne quindi la guerra contro l'Iraq del 2003, le cui conseguenze segnano la regione ancora oggi...

Assai notevole è il rafforzamento degli interessi cinesi in Iran, ma anche negli Emirati Arabi Uniti, così come il tentativo degli Stati Uniti di mantenere e rafforzare la loro presenza in Iraq.

Parallelamente, la Libia entra in un processo di disintegrazione dopo l'invasione NATO del 2011 e l'assassinio di Gheddafi.

Infuria la competizione imperialista...

Con l'intromissione di numerosi Paesi della regione che appoggiano il governo Sarraj, come la Turchia e il Qatar...

Nonché l'Egitto, l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, che lo contrastano appoggiando la fazione del generale Haftar, nella Libia orientale.

Stati Uniti, Francia, Italia, Russia e Germania esercitano un «elevato livello di supervisione» sulla lotta per il potere, il che dimostra una volta di più che gli imperialisti appiccano il fuoco della guerra e si muovono per interessi propri, allo scopo di imporre condizioni di pace imperialiste che soddisfano gli interessi dei monopoli, mentre massacrano e derubano i popoli.

Vi è poi la firma dei cosiddetti «Abraham Accords» tra Emirati Arabi Uniti e Israele - e gli imperialisti stanno tentando di spingere altri Paesi nella stessa direzione.

Al tempo stesso, la borghesia turca sta assumendo un ruolo pericoloso nel rivendicare l'espansione della sua sfera d'azione, gettando benzina sul fuoco in tutta la regione: oltre a occupare il 40% di Cipro e il 10% della Siria, la Turchia sta creando un'infrastruttura militare in Libia e basi in Iraq, Qatar e Somalia.

La posizione della borghesia greca, d'altro canto, favorisce un'escalation nell'aggressione mirante a rafforzarne gli interessi geostrategici, attraverso la sua partecipazione ai piani di USA, UE e NATO e i progetti di cosiddetto «sfruttamento condiviso» che arrivano a sancire la rinuncia ai diritti di sovranità nell'Egeo.

Nell'insieme, rileviamo le ingerenze degli Stati nella regione nell'ambito delle «nuove partnership geopolitiche» create da progetti quali «EAST MED», «Deal of the Century», «Via della Seta» eccetera, che rientrano tutti nel tentativo di rafforzare la posizione delle classi dominanti nella competizione capitalista internazionale, attraverso un consolidamento dell'influenza di USA, Cina e Russia.

Tutto ciò, naturalmente, non ha nulla a che fare con gli interessi reali dei popoli della regione.

Gli aspetti della competizione citati sopra, che non sono i soli, alimentano al tempo stesso i dibattiti su possibili vie di pacificazione attraverso una «nuova architettura di sicurezza internazionale»!

La nostra valutazione, tuttavia, è che questi dibattiti per una «nuova architettura di sicurezza internazionale» e per un cosiddetto mondo «multipolare» sono una causa persa.

Gli interessi dei monopoli non possono basarsi sulla logica, e non possono essere controllati.

Contraddizioni e competizioni sono le caratteristiche principali del sistema capitalista.

Questi elementi risultano inaspriti in un contesto di crisi, a cui la pandemia da coronavirus ha fatto da catalizzatore.

Vi saranno dei riallineamenti nella piramide imperialista.

Per questo affermiamo che, oggettivamente, la lotta contro le guerre e gli interventi imperialisti e per la pace, la sovranità e la libertà dei popoli è oggi ancor più strettamente legata alla lotta per il rovesciamento del capitalismo e la costruzione di una società nuova, senza sfruttamento, miseria, guerre e profughi.

 

Compagni,

Consentitemi di spendere qualche parola in più sulla Grecia.

Il governo di ND, come il precedente governo SYRIZA, rimane pienamente allineato alla strategia della NATO, che mira ad accerchiare la Russia dal Mar Nero al Baltico.

Ha accettato la dottrina dell'«attacco nucleare preventivo» e i piani per un'ulteriore allargamento della NATO nei Balcani, delineati dall'Accordo di Prespa.

Nel contesto della NATO, il governo greco assume deliberatamente il ruolo di «canale» verso i rivali della NATO, come la Russia, e di «cardine» dei Balcani.

La Grecia si è trasformata in una piattaforma di lancio degli Stati Uniti, ancor più grande che in passato.

I governi di ND, in combutta con quelli di PASOK/KINAL e di SYRIZA, sono complici della pericolosa trasformazione della Grecia in un bersaglio della competizione imperialista.

Su di loro grava la responsabilità di aver stabilito strette alleanze con lo Stato di Israele, l'Arabia Saudita e gli EAU, sotto la guida degli Stati Uniti e con il pretesto di prendere «precauzioni» contro le azioni espansioniste della Turchia nell'Egeo e nel Mediterraneo orientale.

Il KKE lotta affinché il nostro popolo rifiuti questo genere di ricatti.

Affinché rifiuti la partecipazione alle alleanze imperialiste, e al tempo stesso non accetti alcuna cessione di diritti sovrani.

Affinché intensifichi la lotta per lo sganciamento della Grecia dai pericolosi piani di NATO, USA e UE.

Per la chiusura di tutte le basi militari straniere in Grecia.

Per lo sganciamento da queste organizzazioni e per la salita al potere del popolo, padrone delle ricchezze che produce.

Al tempo stesso, in un contesto di pandemia e di crollo della sanità pubblica causato dalle politiche di mercificazione e privatizzazione applicate dai governi greci e dall'UE, lottiamo per la tutela della vita e della salute del popolo.

Di fronte all'intensificazione della crisi del capitalismo e delle sue conseguenze sui settori popolari, lottiamo affinché non sia ancora una volta il popolo a pagare il prezzo della crisi.

Appoggiamo e promuoviamo le lotte dei lavoratori, come lo sciopero generale proclamato dai sindacati che ha avuto luogo pochi giorni fa, il 26 novembre, in difesa dei diritti dei lavoratori e della popolazione, contro i nuovi piani antisindacali del governo.

La lotta del nostro partito, dei sindacati e di altre organizzazioni popolari si sta contrapponendo sempre più alle intimidazioni dei padroni e alla repressione e ai divieti dello Stato.

Desideriamo ringraziare tutti i partiti della regione, che hanno dimostrato solidarietà al KKE in occasione del recente attacco del 17 novembre, giorno del 47° anniversario dell'eroica rivolta anti-imperialista del Politecnico.

Malgrado la repressione e i divieti, i comunisti, i sindacati e altre organizzazioni operaie e studentesche hanno inviato un messaggio di lotta per i diritti del popolo, di intensificazione della lotta contro le guerre imperialiste e la partecipazione della Grecia ai piani di USA, NATO e UE.

Compagni,

Permettetemi di concludere questo intervento introduttivo con una valutazione del nostro partito.

Siamo convinti della necessità di spezzare il circolo vizioso delle contraddizioni di un sistema che non è in grado di dare risposta ai diritti e ai bisogni essenziali della stragrande maggioranza della popolazione, in un periodo in cui gli aumenti della produttività e gli sviluppi tecnologici e scientifici possono servire da base per miglioramenti radicali e per la soluzione dei problemi sociali.

Appare ancor più evidente che l'organizzazione dell'economia basata sul profitto capitalista e sulla concentrazione del potere nelle mani di una minoranza sociale - i rappresentanti dei gruppi monopolisti - costituisce un'ostacolo al progresso sociale e alla prosperità.

Prove sempre più numerose evidenziano la necessità del socialismo-comunismo, cioè del potere dei lavoratori, per l'instaurazione della proprietà sociale e la pianificazione scientifica e centralizzata dell'economia, finalizzata a una crescente soddisfazione di tutti i bisogni della società.

Ciò che appare ancor più urgente è non soltanto il coordinamento della nostra lotta, ma anche lo schieramento su posizioni rivoluzionarie del movimento comunista e operaio, a livello nazionale, regionale e internazionale.

Vi ringrazio. Vi auguro forza e salute!

 

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolar