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L'impatto dell'AUKUS sugli sviluppi internazionali e la posizione dei comunisti
L'alleanza tripartita per la «sicurezza» stipulata da USA, Australia e Gran Bretagna, denominata «AUKUS» e annunciata il 15 settembre 2021, rappresenta un nuovo importante sviluppo nella struttura delle alleanze imperialiste.
Che cosa significa tale sviluppo, e quali nuovi compiti impone al movimento comunista?
L'importanza della regione indo-pacifica
Sebbene il nuovo accordo sia stato concluso fra tre potenze non asiatiche, è chiaro che esso si concentra sulle loro attività in Asia e nella più ampia regione indo-pacifica, dove si produce il 60% del PIL mondiale e che secondo le previsioni nei prossimi anni assorbirà il 70% della domanda di energia. Quest'area costituisce già un importante «canale» della navigazione commerciale globale. Non a caso, nel 2017 il 40% degli scambi di gas naturale liquido a livello mondiale hanno coinvolto questa regione.
Nel Pacifico è già schierata una parte significativa delle forze navali e aeree degli Stati Uniti. Nuove basi militari USA sono in costruzione nella regione, dove stanno avendo luogo esercitazioni militari su larga scala.
Nella stessa regione vi sono controversie aperte riguardo a frontiere marittime e terrestri, nel cui ambito la Cina mira chiaramente a mettere in discussione il diritto internazionale del mare e i diritti di sovranità di alcuni Paesi della regione, per esempio il Vietnam. Parlando alla 76ª sessione dell'Assemblea Generale dell'ONU di quest'anno, il presidente del Vietnam, Nguyen Xuan Phuc, ha esortato i Paesi della regione ad astenersi da iniziative unilaterali nel Mare Orientale (il Mar Cinese Meridionale), richiamandosi alle normative marittime.(1) Pochi giorni prima, il portavoce del ministero degli Affari Esteri vietnamita, Le Thi Thu Hang, aveva ribadito che il Vietnam difenderà le isole degli arcipelaghi di Hoang Sa (Paracelso) e Truong Sa (Spratly), la cui sovranità è contestata dalla Cina.(2)
È chiaro dunque che la visita del vice-presidente USA Kamala Harris in Vietnam e in altri Paesi della regione non ha affatto rappresentato una coincidenza. È opportuno ricordare che dal 2016, in seguito a un appello unilaterale presentato dalle Filippine, vi è una sentenza del tribunale dell'Aia che sconfessa le rivendicazioni cinesi - sentenza che tuttavia non è riconosciuta dalla Cina, secondo la quale si tratta di una questione di sovranità nazionale che esula dalla giurisdizione di quel tribunale.
Gli Stati Uniti tentano ancora una volta di imporsi come «protettori autonominati» dei popoli, questa volta in questa specifica regione, contro i piani di espansione monopolistica cinesi e contro le ambizioni della Cina nel Sud-Est Asiatico. È sempre più evidente che nel quadro di questo conflitto non si può escludere il ricorso allo strumento della guerra. Dopotutto, gli Stati Uniti sono oggi la più grande potenza militare, e la Cina sta tentando di recuperare il distacco aumentando le sue spese militari. Il recente ritiro degli Stati Uniti dall'Afghanistan e quello dei «Patriots» americani dall'Arabia Saudita sono finalizzati, tra le altre cose, a un ridispiegamento delle forze militari USA con l'obiettivo di rafforzare la presenza americana nella regione indo-pacifica.
Inoltre, negli ultimi anni la cooperazione tra USA, India, Giappone e Australia si è rafforzata assumendo la forma del «Quadrilateral Security Dialog» (QUAD), chiaramente concepito in funzione anti-cinese, come hanno dimostrato le esercitazioni militari «Malabar» condotte da questi Paesi negli ultimi due anni. Queste esercitazioni sono state presentate come il pilastro della cosiddetta «NATO in versione asiatica», e l'obiettivo di opporsi all'influenza militare e politica della Cina nella regione è stato dichiarato apertamente.
L'attenzione si concentra ora sullo stretto di Taiwan; entrambi gli schieramenti tentano di ampliare le loro alleanze, richiamandosi a costrutti ideologici quali «democrazia», «autodeterminazione» e integrità territoriale. La strategia NATO 2030 prende sempre più di mira la Cina.
È in questo contesto che è stato concluso l'accordo «AUKUS».
La lotta per la supremazia nel sistema imperialista
La nuova alleanza forgiata dagli USA è chiaramente rivolta contro la Cina, che oggi rappresenta oggettivamente un elemento in grado di mettere a repentaglio la supremazia USA nel sistema imperialista internazionale negli anni a venire.
Non a caso la CIA ha istituito uno speciale China Mission Centre. Queste dinamiche sono rispecchiate dal significativo incremento della quota cinese del PIL mondiale 2000-2020, nonché dallo spettacolare aumento del deficit commerciale USA negli scambi bilaterali con la Cina (nel periodo 1985-2019). A tale riguardo, durante tutto questo periodo abbiamo assistito a numerose «guerre» commerciali nel cui contesto gli Stati Uniti hanno dedicato considerevoli energie al mantenimento della propria superiorità nel campo delle nuove tecnologie e parallelamente alla limitazione dell'espansione della Cina in questo settore, espansione che comporterebbe un rafforzamento della sua influenza politica (si consideri per esempio l'intensificazione degli sforzi atti a escludere la Cina dalle reti 5G in Europa). Inoltre l'amministrazione USA, approfittando degli enormi sgravi fiscali per i capitali, ha esortato i monopoli USA attivi in Cina nel campo delle nuove tecnologie ad abbandonare il Paese o a fare ritorno negli Stati Uniti. Gli USA promuovono i propri interessi e tentano di ostacolare l'espansione della Cina, che sta attuando l'iniziativa Via della Seta (nota anche come «Una cintura e una via»), sta esportando grandi quantità di capitale e sta effettuando grossi investimenti in altri Paesi asiatici, africani e di altre regioni.
La lotta tra USA e Cina per la supremazia mondiale è manifesta. Oggi l'attenzione si concentra sulla possibilità che ciò a cui stiamo assistendo configuri una nuova «guerra fredda», uno scontro tra una superpotenza capitalista e una superpotenza socialista - benché «con caratteristiche cinesi». La realtà, tuttavia, è che stiamo parlando degli Stati Uniti e della Cina, cioè di due potenze del mondo capitalista odierno. Oggi la Cina è un'importante base di gruppi monopolistici e un membro attivo di tutte le organizzazioni capitaliste internazionali, quali il WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e la Banca Mondiale; è strettamente legata all'economia capitalista globale. «Le multinazionali costituiscono una forza motrice vitale per il sostegno della circolazione interna cinese».(3)
Il fatto che in Cina sia al governo un partito che si definisce «comunista» non altera il fatto che il Paese sia dominato da rapporti di produzione capitalisti. A partire dal 2012, il settore privato ha contribuito per oltre il 60% al PIL cinese.(4) In Cina si sono sviluppate inoltre basi legali favorevoli ai capitalisti, che consentono loro di sfruttare intensamente centinaia di milioni di lavoratori accumulando ricchezza. La Cina è in «competizione» con gli Stati Uniti anche per quanto riguarda il numero di miliardari. Secondo lo Hurun Research Institute di Shanghai, all'inizio del 2021 la Cina è divenuto il primo Paese al mondo in cui il numero dei miliardari ha superato il migliaio, raggiungendo la cifra di 1058.(5) I miliardari cinesi controllano giganteschi gruppi affaristici dell'e-commerce, fabbriche, alberghi, centri commerciali, cinema, social media, compagnie di telefonia mobile eccetera. Il più ricco miliardario del Paese, Zhong Shanshan, che ha fatto fortuna nel settore dell'acqua in bottiglia, possiede un patrimonio personale di 67,3 miliardi di dollari, mentre il patrimonio del numero due della lista, Ma Huateng - attivo nel settore delle nuove tecnologie ed eletto deputato nel Consiglio Nazionale del Popolo - ammonta a 46 miliardi di dollari.(6) In un periodo in cui decine di milioni di persone sono escluse dai servizi sociali moderni, il lusso di miliardari e milionari illustra con chiarezza l'enorme ingiustizia e lo sfruttamento che caratterizzano il modo di produzione capitalista, anche in Cina. I monopoli cinesi, come i monopoli di qualunque origine, sfruttano la classe operaia nelle loro imprese all'estero, come il colosso delle spedizioni COSCO che ha sede presso il porto del Pireo in Grecia. I lavoratori della COSCO hanno proclamato uno sciopero di sette giorni in memoria di un loro collega recentemente rimasto ucciso sul posto di lavoro, chiedendo misure per la tutela della salute e della sicurezza; il datore di lavoro ha replicato con ricatti e denunce presentate presso i tribunali borghesi contro lo sciopero, allo scopo di farlo dichiarare illegale.
Sostenere che la Cina, come in passato la Russia sovietica, stia applicando una sorta di Nuova Politica Economica (NEP) - cooperando con il capitale privato allo scopo di sviluppare le proprie forze produttive - non ha nulla a che fare con la realtà ed è fuorviante. I dati citati più sopra confermano che non vi è alcuna base oggettiva per equiparare la NEP all'attuale situazione esistente in Cina. Per di più, la NEP ebbe una durata limitata, ebbe un carattere di «ritirata strategica», come sottolineò più volte Lenin,(7) e non fu elevata al rango di principio teorico per la costruzione del socialismo, come invece viene fatto in Cina con il prevalere delle relazioni capitalistiche e il costrutto ideologico del «socialismo con caratteristiche cinesi». Inoltre, durante il periodo della NEP gli imprenditori non soltanto non erano autorizzati a iscriversi al partito bolscevico, ma - ai sensi delle due Costituzioni sovietiche del 1918 e del 1925 - furono privati dei diritti civili, in netto contrasto con quanto accade oggi in Cina, dove decine di imprenditori rivestono cariche nel Parlamento e nel Partito.
Per questo il nuovo «bipolarismo» non è affatto paragonabile al conflitto tra USA e URSS. Oggi Stati Uniti e Cina sono in conflitto a causa dei rapporti di produzione capitalisti che dominano in entrambi i Paesi, e che conducono alla competizione per le materie prime, per le rotte di trasporto delle merci, per le quote di mercato e per l'influenza geopolitica - il che non può celare il fatto che stiamo assistendo a un conflitto inter-imperialista per la supremazia all'interno del sistema imperialista.
L'AUKUS, nuovo livello della guerra imperialista
L'AUKUS prevede una cooperazione ad ampio raggio, estesa dalla diplomazia e dalla difesa ai rifornimenti e all'intelligenza artificiale. L'attenzione, tuttavia, si è concentrata sul fatto che gli USA e la Gran Bretagna forniranno all'Australia le «chiavi» della tecnologia nucleare, in violazione degli accordi di non proliferazione delle tecnologie militari per fini militari, e le venderanno otto sottomarini a propulsione nucleare, facendo dell'Australia il settimo Paese del mondo a possedere questo tipo di sottomarini - dopo USA (71), Russia (33), Cina (14), Gran Bretagna (11), Francia (10) e India (2).
L'acquisto di questi sottomarini permetterà all'Australia di partecipare a operazioni militari navali in teatri lontani dal suo territorio, e cioè nella regione indo-pacifica, quella su cui si concentra l'attenzione degli Stati Uniti e della NATO; questi sottomarini, infatti, sono quasi del tutto silenziosi e sono in grado di percorrere lunghe distanze senza rifornirsi di carburante.
L'accordo offre inoltre agli USA la possibilità di ampliare le proprie basi militari aeree e navali in Australia. Nel Paese sono già schierati migliaia di militari americani. Le infrastrutture in via di allestimento comprendono basi in grado di ospitare portaerei, sottomarini nucleari e bombardieri strategici.
Gli squilibri nei rapporti NATO-UE e l'«autonomia strategica» dell'UE e di altre grandi potenze
L'accordo AUKUS ha avuto la conseguenza di turbare le alleanze «stabili» dell'imperialismo euro-atlantico e della NATO e le relazioni degli USA con l'UE, in particolare con la Francia. Quest'ultima ha reagito definendo «una pugnalata alla schiena» la cancellazione del contratto per la fornitura di 12 sottomarini convenzionali, del valore di circa 56 miliardi di euro.
Subito dopo la conclusione dell'accordo, ancora una volta in vari media sono prevalse letture fuorvianti - per esempio quella secondo cui gli Stati Uniti si starebbero ritirando da molte aree e la pace renderebbe necessaria l'«autonomia strategica» dell'UE e di altri soggetti, per esempio l'India che in passato figurava tra i principali «Paesi non-allineati».
La realtà è ben diversa. Gli Stati Uniti stanno semplicemente ridispiegando le proprie forze militari. Per esempio, non soltanto non stanno ritirando le loro forze dalla Grecia, ma anzi rafforzano le loro basi militari nel Paese: stanno ampliando la base aerea e navale di Souda, già utilizzata per le guerre imperialiste contro l'Iraq, la Siria e la Libia; stanno allestendo nuove infrastrutture militari (ad Alexandroupoli, Larissa, Stefanovikio eccetera), e l'accordo Grecia-USA stipulato il 14 ottobre 2021 li autorizza a utilizzare le infrastrutture militari della Grecia per un periodo iniziale di cinque anni, destinato a essere quindi prolungato indefinitamente.
L'argomentazione secondo cui una UE più «forte» e più autonoma sarebbe in grado di garantire efficacemente la pace fungendo da «elemento di equilibrio» nel conflitto tra USA, Cina e Russia è priva di fondamento.
L'UE è l'alleanza delle classi borghesi europee, che si contrappone ai popoli sia europei sia di altre aree. Perciò, la militarizzazione dell'UE si va intensificando parallelamente all'inasprimento della competizione imperialista, assoggettando i popoli a nuovi e più gravi rischi allo scopo di proteggere gli interessi dei monopoli.
Questa militarizzazione prende di mira prima di tutto l'Europa stessa, allo scopo di soffocare qualunque sviluppo radicale e di reprimere qualunque rivendicazione di una vita migliore, specie quando le rivendicazioni toccano i bisogni contemporanei della popolazione e si contrappongono al capitale, alla sua redditività o al suo potere.
Inoltre, l'UE considera il mondo quale proprio «ambiente strategico» nel contesto della Strategia Globale da essa elaborata, in procinto di essere riadattata sotto la denominazione di «Bussola Strategica» (Strategic Compass) e di essere adottata sotto l'imminente presidenza francese del Consiglio dell'UE. L'UE persegue inoltre una penetrazione quanto più efficace possibile dei monopoli europei in Paesi terzi, prendendo a pretesto la difesa dei diritti umani. A tale fine è stata istituita la cosiddetta «Cooperazione Strutturata Permanente» (PESCO). Parallelamente viene promossa l'«Iniziativa Europea di Intervento» di ispirazione francese, allo scopo di evitare i ritardi dovuti al principio dell'unanimità nelle decisioni, in modo tale da poter avviare immediatamente missioni imperialiste. Già oggi l'UE ha ben venti missioni imperialiste in corso in tre continenti.(8)
Sono in corso iniziative atte a promuovere l'obiettivo della cosiddetta «Autonomia Strategica» nel contesto del rafforzamento dell'alleanza e degli interventi congiunti con la NATO, che continua a rappresentare il pilastro principale. La pianificazione per lo sviluppo di programmi di ricerca e armamento incentrati sul mercato europeo, finalizzata al conseguimento di una capacità militare autonoma, viene intensificata allo scopo di ridurre la dipendenza dal mercato degli armamenti USA.
Il KKE, attraverso lo studio della propria storia e della storia del movimento comunista internazionale, è giunto alla conclusione che la valutazione che ha dominato nel passato il movimento comunista internazionale - che definiva Stati capitalisti anche potenti come «subordinati» e «colonie USA» e promuoveva la loro «indipendenza» in politica estera - era errata. In molti casi, tale percezione operava una differenziazione nell'ambito della borghesia tra elementi «patriottici» ed elementi «asserviti agli stranieri», tentando di stabilire alleanze con il cosiddetto settore «patriottico» della borghesia. In realtà, la borghesia di ogni Paese persegue i propri interessi, innanzitutto allo scopo di consolidare il proprio potere, e stipula le sue alleanze internazionali precisamente su queste basi. Nel passato, l'esistenza dell'URSS e degli altri Stati socialisti offriva alle classi borghesi di alcuni Paesi capitalisti uno spazio di manovra, limitando tale margine per altri Paesi. Oggi da molte parti si levano appelli a favore del cosiddetto mondo multipolare, e vi è chi esorta l'UE o i Paesi europei a porre fine alla loro «subordinazione» agli Stati Uniti e ad agire «autonomamente» in funzione dei propri interessi.
Tali percezioni, a prescindere dalle intenzioni, non fanno che imbellettare ideologicamente la barbarie imperialista che domina il mondo, suggerendo che sia possibile cambiarla senza che sia necessario rovesciare il capitalismo. Rifiutano la concezione leninista dell'imperialismo, separando l'economia dalla politica. Per queste forze, l'imperialismo non è che l'insieme delle attività politiche e militari messe in atto dai soggetti più «aggressivi» ai danni della «sovranità nazionale» di altri Paesi. In tal modo, esse ignorano il fatto che è la competizione monopolistica - e non le «forze più aggressive» - a causare gli interventi e le guerre imperialiste. Tale competizione viene condotta con ogni mezzo possibile da ciascuna potenza capitalista in ciascun Paese, e trova un naturale riscontro nei vari accordi e alleanze inter-statali. Attraverso queste alleanze, le classi borghesi cedono parte della sovranità nazionale e dei diritti sovrani dei propri Paesi allo scopo di consolidare il proprio potere, alla costante ricerca di nuovi profitti. Parallelamente si servono anche dello strumento della guerra, poiché «la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi (e precisamente con mezzi violenti)».
Perché gli USA optano per la tattica rischiosa delle «alleanze morbide»
Sostenere che la NATO o il QUAD siano destinati a naufragare in seguito alla formazione dell'AUKUS è privo di fondamento. La NATO, malgrado le contraddizioni emerse al suo interno, continua a svolgere un ruolo importante di «braccio armato» dell'imperialismo euro-atlantico. Così, prosegue incessantemente l'«accerchiamento» della Russia, schierando nuove forze sui confini russi, contestando la sovranità russa sulla Crimea e sulle zone costiere del Mar Nero, sfruttando provocatoriamente il conflitto in Ucraina e minacciando la Russia di ricorrere alle armi nucleari.(9) Inoltre, la NATO ha già preso di mira la Cina.
Il QUAD sta assumendo un ruolo particolare nello sforzo di contenimento della Cina. Ciascuna delle borghesie dei Paesi che lo compongono (Australia, Giappone, India e USA) si trova per ragioni proprie in competizione con i monopoli cinesi. Contemporaneamente, il QUAD consente ad alcune di esse, per esempio la borghesia indiana - che partecipa simultaneamente ad altre organizzazioni quali la Shanghai Cooperation Organization e il BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) ed è tra le principali acquirenti di armamenti russi - di avere uno spazio di manovra e di partecipare nel contempo al piano generale degli Stati Uniti inteso a modificare le dinamiche attualmente favorevoli alla Cina.
L'intensificazione della cooperazione degli USA con le altre borghesie della regione è caratterizzata da «velocità» diverse e assume forme più «larghe» quali il QUAD e forme più avanzate quali l'AUKUS - ma l'obiettivo è sempre lo stesso, quello di evitare uno scontro su larga scala che ostacolerebbe le alleanze degli Stati Uniti nella regione.
Inoltre, la cancellazione da parte degli Stati Uniti delle sanzioni contro la costruzione del gasdotto russo «Nord Stream 2», che sbocca in Germania, è stata interpretata come la «carota» offerta dagli USA nel tentativo di rafforzare le relazioni con l'UE e con la «componente» europea dell'imperialismo euro-atlantico, nel contesto del duro scontro con la Cina. Tale valutazione è confermata anche dall'annuncio dell'accordo USA-EU per l'abolizione dei dazi su acciaio e alluminio.
La formazione dell'AUKUS dimostra che gli USA, oltre alla carota, possono utilizzare efficacemente anche il bastone nel forgiare le proprie alleanze.
Il compito dei comunisti
Da alcuni ambienti viene rivendicata la «necessità di rispettare il diritto internazionale» allo scopo di prevenire una guerra, e vengono lanciate varie campagne con slogan quali «giù le mani dalla Russia e dalla Cina» o perfino in difesa della «Cina socialista».
Tale approccio sembra ignorare alcuni elementi cruciali, tra cui il fatto che il diritto internazionale viene oggi interpretato in modo puramente arbitrario. Così gli Stati Uniti, che non hanno mai sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare adottata nel 1982, si presentano oggi nel Mare Orientale (o Mar Cinese Meridionale) come il suo principale difensore. Per contro la Cina, che ha ratificato quell'accordo internazionale, lo sta indebolendo giorno dopo giorno a scapito dei Paesi della regione (Vietnam, Filippine, Indonesia, Malaysia, Brunei). In altre parole, i rapporti di forza e le ambizioni geostrategiche sono i fattori che determinano l'atteggiamento verso il diritto internazionale.
Inoltre, la percezione che presenta gli Stati Uniti come forza che viola unilateralmente il diritto internazionale, e cioè come «aggressori» e «imperialisti», e al tempo stesso ritrae la Cina e la Russia come «aggrediti» e «anti-imperialisti», non ha nulla a che fare con la realtà. Tutte queste grandi potenze del mondo imperialista contemporaneo, nei casi specifici e allo scopo di promuovere gli interessi dei loro monopoli, interpretano il diritto internazionale secondo la propria convenienza, e agiscono di conseguenza. L'interpretazione citata sopra non ha quindi nulla a che vedere con la concezione leninista dell'imperialismo, che ovviamente non è semplicemente una politica estera aggressiva, bensì il capitalismo dei monopoli. E non ha nulla a che vedere con la concezione che il leader della Rivoluzione d'Ottobre aveva delle guerre, delle loro cause e del loro carattere. In circostanze simili, Lenin liquidò questo tipo di percezioni osservando: «Come se la sostanza fosse di sapere chi abbia attaccato per primo e non di determinare le cause della guerra, i fini che essa si propone e le classi che la conducono».(10)
I comunisti, di conseguenza, non devono lasciarsi irretire da visioni che, deliberatamente o meno, imprigionano il movimento popolare in posizioni pacifiste senza sbocco, esortano le classi borghesi o le organizzazioni imperialiste come l'UE a dimostrarsi «autonome» o nascondono il carattere imperialista del conflitto per la supremazia mondiale, per poi chiamare il popolo a schierarsi all'interno di tale conflitto.
Il dilemma che si pone ai comunisti - la scelta di un imperialismo contro un altro - non è nuovo. Come sappiamo, si manifestò con forza durante la prima guerra mondiale, e condusse alla dissoluzione della II Internazionale. A quel tempo, tra l'altro, «i social-sciovinisti francesi assicurarono [gli operai] che i Paesi dell'Intesa erano in una "posizione difensiva", che costituivano il "veicolo del progresso" nella lotta contro l'aggressione prussiana».(11) Oggi, alcune forze nell'ambito del movimento internazionale comunista e dei lavoratori ci esortano a sostenere la Cina nel nuovo scontro inter-imperialista, presentandola come «socialista con caratteristiche cinesi» e distorcendo o ignorando la realtà e la nostra visione del mondo.
In tale contesto, è importante opporsi non soltanto alla guerra imperialista, ma anche a ogni tendenza imperialista, a ogni alleanza imperialista vecchia o nuova, e lottare per lo sganciamento di ogni Paese dai piani e dalle alleanze imperialiste, per il potere dei lavoratori - per il socialismo.
Per questo, in parlamento il KKE ha votato contro i cosiddetti «accordi di difesa» tra Grecia, USA e Francia. Ha preso posizione contro le enormi spese militari del Paese e ha denunciato come esse si inquadrino nel tentativo della borghesia greca di rafforzare la sua posizione nei piani e nelle organizzazioni dell'imperialismo.
I comunisti illuminano costantemente il popolo e mobilitano migliaia di lavoratori e giovani uomini e donne.
Il KKE è in prima linea nel movimento contro la guerra e contro l'imperialismo, nel movimento operaio e popolare, allo scopo di impedire la creazione di nuove basi militari in Grecia, di smantellare tutte le basi e le infrastrutture USA-NATO e di bloccare il trasferimento di armamenti nucleari nel Paese.
Il KKE chiede che la partecipazione delle forze armate greche alle missioni imperialiste all'estero abbia fine; che il popolo non sia costretto a pagare attrezzature militari funzionali ai piani di aggressione della borghesia greca e degli interventi e delle guerre euro-atlantici; che la Grecia non partecipi a esercitazioni militari che prendono di mira altri Stati.
Il KKE si impegna a rafforzare la solidarietà internazionalista con tutti i popoli in lotta e minacciati dagli interventi e dalle guerre dell'imperialismo.
Inoltre, il KKE lotta per lo sganciamento del Paese dalle organizzazioni imperialiste NATO e UE, convinto che sia possibile raggiungere tale risultato a beneficio degli interessi popolari per mezzo del potere operaio, della lotta per il rovesciamento per il capitalismo e della costruzione del socialismo-comunismo.
18.11.2021
1) Dichiarazione del presidente al dibattito generale alla 76ª sessione dell'Assemblea Generale ONU, https://vietnam.vnanet.vn/english/presidents-statement-at-general-debate-of-ungas-76th-session/498071.html, 23/09/2021
2) «Vietnam resolutely protects sovereignty over Hoang Sa, Truong Sa archipelagoes», https://vovworld.vn/en-US/news/vietnam-resolutely-protects-sovereignty-over-hoang-sa-truong-sa-archipelagoes-1022184.vov, 02/09/2021
3) Titolo di un articolo pubblicato sull'edizione online del Quotidiano del Popolo, http://en.people.cn/n3/2021/0719/c90000-9873653.html, 19/07/2021
4) Quotidiano del Popolo, http://en.people.cn/n3/2019/0306/c90000-9553302.html , 06/03/2019
5) Agenzia Interfax, https://www.interfax.ru/business/754207, 02/03/2021
6) Quotidiano del Popolo, http://russian.people.com.cn , 29/10/2021
7) V. I. Lenin, IX Congresso dei Soviet di tutta la Russia, in Opere complete, Roma 1967, vol. 33, pp. 125 sgg.
8) https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/83616/eu-military-operations-and-civilian-missions_en
9) Dichiarazioni del ministro della Difesa russo Sergej Šojgu, https://tass.com/defense/1353311, 23/10/2021
10) V. I. Lenin, Lettera aperta a Boris Souvarine, in Opere Complete, Roma 1967, vol. 23, p. 196.
11) Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia Universale, vol. 22, p. 737.
Traduzione da Resistenze.org